Un team di ricercatori ha studiato il comportamento di una proteina nei pazienti affetti da morbo di Parkinson. Ecco i risultati.
La malattia di Parkinson comporta un peggioramento neurologico, con la perdita progressiva delle funzioni comportamentali, cognitive e motorie. La causa della patologia risiederebbe nella riduzione della produzione di dopamina nel cervello, anche se non si hanno delle certezze in merito.

Le principali teorie scientifiche ricondurrebbero la malattia alla mutazione genetica legata alla familiarità o all’esposizione a sostanze tossiche (come i metalli pesanti). Al momento non c’è una cura efficace, ma un gruppo di ricercatori australiani presso l’Istituto di ricerca medica “Walter and Eliza Hall” hanno scoperto l’incidenza di una particolare proteina sul morbo di Parkinson. Vediamo di quale si tratta.
Qual è la causa del morbo di Parkinson e come si effettua la diagnosi?
Il morbo di Parkinson rappresenta una delle patologie più temute al mondo, anche perché i casi sono vertiginosamente aumentati negli ultimi anni. Solo in Italia, attualmente ci sarebbero circa 300 mila pazienti.

La patologia viene diagnosticata tramite risonanza magnetica nucleare ad alto campo, pet cerebrale e scintigrafia del miocardio. I sintomi possono essere molto gravi e, dunque, incidere notevolmente sulla qualità della vita dei malati. Tra i disturbi principali ci sono: la rigidità articolare e muscolare, l’instabilità muscolare, il tremore e la bradicinesia (l’impossibilità di muoversi automaticamente, come fanno tutti). Non esiste, inoltre, una cura definitiva, ma i vari sintomi vengono solo alleviati tramite comuni farmaci.
Nuova ricerca: la proteina Pink1 ha un ruolo determinante nella malattia
Alcuni ricercatori dell’Istituto “Walter and Eliza Hall”, in Australia, hanno capito qual è il sistema in cui agisce la proteina ritenuta responsabile del morbo di Parkinson e quali sono le sue peculiarità. Questa scoperta potrebbe essere il punto di partenza per ideare possibili cure.
La proteina in oggetto è la Pink1, la cu esistenza si conosce da circa venti anni ma, finora, non c’erano state indagini sul suo meccanismo d’azione. Lo studio australiano è apparso sulla rivista Science e mostra in che modo questa proteina si comporta a livello cellulare. Nel dettaglio, si lega ai mitocondri, incidendo sulla loro qualità, perché li elimina se utile per la salute del corpo umano.
Nei pazienti affetti dal morbo di Parkinson, tuttavia, questo processo non avviene e, di conseguenza, si determina una concentrazione di mitocondri non funzionanti e di sostanze tossiche. I risultati dello studio sono di notevole importanza perché permetteranno di studiare una terapia farmacologica specifica, diretta al contrasto del funzionamento sbagliato della proteina e al miglioramento della qualità della vita dei pazienti.